Scritto da Federica Timeto venerdì 07 luglio 2006 e pubblicato in www.tecnedonna.it di webarchive

Succhiami il codice! VNS Matrix e la nascita del cyberfemminismo

 

Più o meno nello stesso periodo in cui Sadie Plant coniava la definizione di cyberfemminismo in ambito teorico, il gruppo australiano delle VNS Matrix (J. Starrs, J. Pierce, F. da Rimini e V. Barratt) cominciava a praticare il cyberfemminismo come arte della disseminazione e del contagio virale.

VNS MatrixCon il Cybermanifesto for the 21st Century (Manifesto cyberfemminista per il 21° secolo, 1991), affisso per la prima volta per le strade di Sydney, le VNS Matrix si presentano come “terminator del codice morale” e “mercenarie del viscidume”. Il linguaggio che usano è decisamente visionario, il tono aggressivo ma commisurato al difficile compito di “sabotare l’ordine simbolico dall’interno”. L’uso di termini come “abiezione” e “jouissance” rimanda alla filosofia femminista francese di Cixous e Irigaray, ma la novità sta nella tecnofilia che permea le azioni e i proclami del gruppo, intento a “dirottare i giocattoli dei tecnocowboys e rimappare il cyberspazio” servendosi di quegli stessi giocattoli tecnologici.

L’opera più nota del gruppo, All New Gen (1994) è un gioco interattivo che funziona come una parodia dei giochi ‘vai e uccidi’, in cui il partecipante deve sabotare la banca dati del Big Daddy Mainframe con l’aiuto delle DNA Sluts, sorta di supereroine ibride con laser che sparano dai genitali. L’obiettivo è riuscire a riprogrammare il codice patriarcale tramite la diffusione del virus del nuovo disordine mondiale. Julianne Pierce, a diversi anni di distanza dallo scioglimento del gruppo, ha dichiarato: “Dietro il divertimento c’era soprattutto il desiderio di lottare per un maggiore coinvolgimento delle donne nella datasfera… ecco dove interviene il cyberfemminismo… Si tratta di diventare attivi e promuovere il cambiamento, se necessario in modo anche aggressivo. VNS Matrix non era per il separatismo, era perché si riconoscesse che la cybersfera non è uno spazio neutro, ma di privilegio politico e culturale”.

 

Eccetto l’empito tecnoutopico tipico del periodo, e il vocabolario cyborg che riecheggia una precisa interpretazione del pensiero di Donna Haraway, la rivendicazione dell’esperienza corporea e della sessualità femminile delle VNS Matrix ricorda quanto era già accaduto alla fine degli anni ’60, con fenomeni come quello della cunt art (arte vaginale) e della goddess art (arte delle divinità femminili), che avevano esplorato la positività dell’esperienza femminile recuperando il corpo e il privato alla visibilità, e spesso celebrando l’esperienza femminile come essenziale. Per il gruppo australiano, la clitoride è la linea diretta con la Matrice, decisamente femminilizzata rispetto alla matrice della narrativa cyberpunk, assumendo le caratteristiche di un Utero, spazio della condivisione e della contaminazione. Alle metafore di penetrazione subentrano quelle di infiltrazione e flusso.

Ha scritto Jyanni Steffensen che le soggettività femminili si sviluppano “come luogo di costruzione di piaceri libidinali, in relazioni sessuali orizzontali piuttosto che edipiche (cioé verticali), nella produzione tecnologica, nella tecnologia sessuata. Un’erotica femminilizzata e femminista della politica e della produzione tecnoculturale”. Se, tuttavia, negli anni ’60 il recupero delle corporeità femminile serviva ad appropriarsi dello spazio del visibile, il progetto politico del cyberfemminismo si serve di una corporeità ostentata fino alla bassa materialità per opporsi alla retorica dominante del virtuale come regno dell’immateriale. “Succhiami il codice!” scrivono le VNS Matrix nel loro secondo manifesto, il Bitch Mutant Manifesto (Manifesto della Puttana Mutante, 1996). Anche se il gruppo si scioglierà nel 1998, i suoi componenti continueranno a lavorare autonomamente, come nel caso di Francesca Da Rimini, in arte Gashgirl/Doll Yoko.