Marzia Vaccari, 22 marzo 2018

Digital divide, è da anni che se ne parla, soprattutto nella sua declinazione al femminile, per quanto mi riguarda. Ed è da altrettanto tempo che vorrei proporre azioni per superarlo senza cadere nella trappola del consumo, fine a se stesso, di tecnologia. Non nego vi sia un gap da parte di tantissime donne. Il blocco nei confronti del computer e della manutenzione del smartphone è sicuramente indice del senso di estraneità che proviamo nei confronti di artefatti progettati senza tener conto della differenza di genere. Divario, disparità, disuguaglianza digitale sono in sostanza la difficoltà o l’esclusione di alcune soggettività (donne, persone diversamente abili) categorie sociali (anziani, migranti) o di interi paesi di usufruire dell’empowerment (1) tecnologico. Accedere agli ambienti e ai dati digitalizzati necessita di abilità, di nuove percezioni delle realtà, di nuovi posizionamenti culturali e sociali, oltre che ovviamente economici, di un diverso approccio alla questione delle capacità di azione (capabilities). 

L’ European House Ambrosetti ha previsto 135.000 posti vacanti nel settore dell’Information and Communications Technology (ICT) entro il 2020. Due tipologie di competenze che acquisiranno valore con la digitalizzazione saranno le cosiddette soft skills, da una parte, e le competenze specialistiche in campo ICT, dall’altra. Mentre per le prime l’Ocse rileva una sostanziale equa distribuzione tra uomini e donne, vi è un’importante differenza di genere nelle seconde: attualmente, le possiedono il 5,5% dei lavoratori a fronte del solo 1,4% delle lavoratrici. Fonte rivista InGenere 5 marzo 2018 Il futuro delle donne nel digitale

A mio parere non è sufficiente aumentare il numero di donne coinvolte nello sviluppo tecnologico. L’aumento del numero di donne non porta, infatti, direttamente a proporre tecnologie diverse se queste non riescono a vincere la tendenza a uniformarsi alla cultura dominante del settore, invece di far valere e agire la propria soggettività, avvalorandola.

Il gender digital divide dovrebbe assumere una connotazione più ampia: non più considerato nella prospettiva riduttiva di accesso/presenza delle donne in Rete, intese come soggetti svantaggiati o minori, ma come differenti tipologie di usi e servizi. Diversi stili e culture  nella permanenza in rete oltre che di progettazione di ambienti e logiche (2).

Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) richiedono uno sforzo di appropriazione da parte del simbolico e delle pratiche delle donne; in questo senso l’autonomia tecnica diventa prioritaria per mettere in atto strategie di diverso segno nella progettazione delle tecnologie dell’informazione, nella produzione di software di diversa qualità e nel management dei macrosistemi. Per i femminismi è arrivato il tempo di riflettere e contrastare i processi di manipolazione dell’estrattivismo del capitalismo delle piattaforme informatiche.

L’ 8 marzo 2018 è stata una piacevole sorpresa ascoltare la trasmissione radiofonica di Pagina 3 Con Silvia Bencivelli tutta incentrata nel mettere a tema il rapporto donne e ICT. Claudia Bruno ha intervistato Marinella Levi, docente al Politecnico di Milano, dice: “le donne sono il migliore alleato della tecnologia”. Laura V. su Softrevolutionzine (modnod e i videogiochi) ha sottolineato quanto forte sia il pregiudizio nei nostri confronti e giunge perfino ad affermare che “essere femminista on line vi distrugge” (ne so qualcosa!).

Da questo punto di vista segnalo anche la Rivista InGenere che ha recensito il libro di Mariacristina Sciannamblo, dal titolo “La rivincita delle nerd”. E ancora, l’Osservatorio di Pavia ha iniziato a raccogliere 100 nomi e CV di esperte nell’ambito delle Science, Technology, Engineering and Mathematics (STEM).

Il rapporto che le donne intrattengono con le ICT sembra ricevere la luce della ribalta, mi auguro che non sia solo in occasione dell’8 marzo. Lo scandalo Cambridge Analytica preoccupa e sollecita la nostra attenzione.

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(1) Wikipedia: con il termine empowerment viene indicato un processo di crescita, sia dell’individuo sia del gruppo, basato sull’incremento della stima di sé, dell’autoefficacia e dell’autodeterminazione per far emergere risorse latenti e portare l’individuo ad appropriarsi consapevolmente del suo potenziale.

(2) Il Farsi mondo della tecnologia IC.