Scritto da Federica Timeto venerdì 01 giugno 2007 e pubblicato in www.tecnedonne.it di webarchive

Andreja Kulunčić è un’artista multimediale croata che vive e lavora a Zagabria. Le sue opere, che coinvolgono lo spazio pubblico come quello virtuale, si basano su un’idea di interattività partecipata e collettiva, in cui sono gli stessi attori a costruire progressivamente il senso e il contenuto di opere che assumono spesso la forma del sondaggio-documentazione.

Andreja KulunčićKulunčić crede, infatti, che l’arte politica non possa più essere un’arte di slogan dichiarati, in cui è l’artista a esporre le proprie idee in prima persona, ma debba costruire un percorso d’informazione in cui le riflessioni sui temi sociali emergano nel farsi stesso delle opere. Il suo lavoro più recente, il Women Index (Gennaio 2007), parte della mostra internazionale Women in Crossroads of Ideologies, ha coinvolto la città di Spalato, coerentemente con la tradizione dell’arte pubblica femminista risalente agli anni Settanta, attraverso l’affissione di alcuni manifesti con la scritta “How do I feel?” [Come mi sento?]. Ogni donna che lo volesse poteva chiamare un numero verde, e partecipare a un’indagine per dichiarare se si sentisse soddisfatta, discriminata o abusata.

Già Passport (iniziato nel 2001 e ancora attivo sul sito dell’artista) adottava un sistema analogo, ma in rete, combinando una sorta di gioco in forma di questionario con un archivio di statistiche, per stabilire il livello di soddisfazione dei partecipanti relativamente alla propria nazionalità, e consentire a chi lo desiderasse di scegliere simbolicamente il colore del passaporto – corrispondente a un’area geografica – per i futuri figli. In Closed Reality – Embryo, presentato per la prima volta a Roma alla Biennale dei giovani artisti d’Europa e del Mediterraneo nel 1999, Kulunčić ha collaborato con un gruppo di sociologi, filosofi, biologi e programmatori, con i quali ha lavorato in seguito anche per Distributive Justice, per allestire un sito web accedendo al quale si può scegliere di creare la propria progenie virtuale. Gli embrioni così creati sono esibiti in una galleria in rete (anche in questo caso, durante i primi sei mesi del progetto, i risultati sono stati analizzati e organizzati in tabelle statistiche), e gli utenti hanno la possibilità di iscriversi a una mailing list per esporre i propri commenti e discutere le problematiche dell’ingegneria genetica.

Entrando nel Cyborg web shop (2004) una sorta di continuazione di Closed Reality, il visitatore, dopo aver dato la propria definizione di cyborg e aver avuto l’opportunità di consultare le definizioni degli altri visitatori, accede a un’interfaccia che ricorda quella di un sito commerciale, e può scegliere di mettere nel carrello tutto ciò che desidera aggiungere al proprio corpo per aumentarne le prestazioni, creando un modello personale di cyborg. Sul sito, che con un tono tra l’ironico e lo scientifico offre una serie di apparecchiature per amplificare i sensi e le emozioni, e migliorare le prestazioni fisiche, si possono trovare, tra le offerte speciali, le ossa al titanio e l’eliminatore di stress (con tanto di garanzia), ma anche l’apparecchio per la visione panoramica, l’inibitore dell’invecchiamento del DNA, e i respirociti per migliorare l’ingresso di ossigeno nel corpo. A completare il tutto c’è anche una sezione FAQ, in cui potersi informare sui rimborsi in caso di restituzione degli oggetti, o, ad esempio, sulla compatibilità dei diversi impianti tra loro.