di Giancarla Codrignani 21/10/2003 – Pubblicato in www.porticodonne.it non più accessibile da gennaio 2018.
Le nuove tecnologie sono omologanti?
Dunque, si è detto che gli strumenti sono neutri: se le nuove tecnologie sono strumenti, ne discende che anche le nuove tecnologie sono “neutre”e vanno bene per donne come per uomini non diversamente da una locomotiva, un bisturi, una caffettiera.
Anche senza essere seguaci della sofistica, una donna potrebbe dire che il sillogismo funziona, ma non elimina i problemi, perchè fino ai nostri giorni il treno lo guidavano gli uomini, il bisturi doveva far paura alle femminucce e la caffettiera era appannaggio della persona a cui si indirizzava l’invito “perchè non mi fai un caffè?” Anche per le nuove tecnologie sarè conveniente porre qualche interrogativo alla mente, senza pretendere una risposta immediata. Si tratta, infatti, di operare qualche distinzione, perchè lo strumento è tale, nel caso delle N.T., finchè vale l’uso strumentale e la professionalitè lavorativa. Ma il mezzo intriga, perchè subito dietro (meglio “dentro”) il computer incomincia la
“virtualitè”, che neutra non è detto che sia.
L’uso strumentale dè giè qualche problema. Prendo l’esempio del telelavoro, che per la lavoratrice moderna rappresenta quello che è stato un tempo il “lavoro a domicilio” (decine di migliaia di donne sono state sfruttate da imprenditori piccoli e grandi che avevano bisogno di assegnare determinate confezioni a lavoranti a basso costo che si sfiancavano a lavorare a tutte le ore, notti comprese, per aggiungere un po’ di danaro allo stipendio dell’uomo senza uscire di casa e venir meno alle esigenze del “ruolo di moglie e di madre”). Oggi il telelavoro è un impiego come tanti e ha le sue regole: non potresti mai lavorare di notte perchè l’elettronica consente di segnalare l’orario dell’impegno e la continuitè del flusso produttivo; è perè vero che una giratina al ragè o un’iniezione alla suocera si puè sempre fare, per tacere dell’allattamento con il fantolino al seno e la contemporanea digitazione con una mano sola.
E, comunque, la telelavoratrice si ritrova in casa come in un reclusorio e finisce per invidiare – solo che sia un poco vitale – la donna che esce di casa la mattina per andare a lavorare.
Temo che ogni tanto ci scappi di ragionare sull’innovazione partendo da un punto di vista privilegiato, di donne che sono “libere professioniste” e si arrangiano a conciliare vita e lavoro senza sentirsi soffocare piè di tanto e senza provare disagio se lavorano di domenica o di notte. Lo temo, anche perchè la “libera professionista” puè essere giè stata omologata fin dall’Universitè – il luogo in cui tutti e tutte introiettano il pensiero unico dei diversi saperi – e dall’andamento normale della carriera: ci sono avvocate che vogliono essere chiamate “avvocato”, perchè il maschile le fa sentire piè realizzate professionalmente e, comunque, davanti a divorzi o violenze o molestie, debbono vedersela con “queste” leggi ancora fuori da ogni ipotesi di “diritto sessuato”.
Davanti al computer è come con la penna in mano: lettura e scrittura possono essere “libere” per chi legge o scrive. Anche la penna pone qualche interrogativo su chi puè scrivere, ha imparato il gusto della lettura, possiede la woolfiana ” stanza tutta per sè.” Domandiamoci: Virginia cambierebbe il titolo per suggerirci “un portatile tutto per sè”? che relazione si istaura tra una donna/un uomo e l’elettronica?
C’è differenza tra scrivere una lettera, un fax, un’e-mail, un sms? C’è sicuramente differenza e, infatti nel caso della letteratura ormai neppure l’autore potrebbe piè chiarire a se stesso i passaggi da una forma a un’altra del suo testo come quando cancellava le righe sulla carta. Ognuno
di noi – donne o uomini – sa che, mentre un articolo, una ricerca, un romanzo non cambiano la scelta espressiva se scritti con la penna o con la videoscrittura, la lettera a mano e la mail non coincidono. E’ che la macchina resta meccanica e piace meno perchè non è confidenziale e ci sono mogli che spiano i “messaggini” compromettenti sul cellulare del loro benamato o che temono di dimenticare di cancellare le proprie mail? Forse agisce ancora la tradizione che ha attribuito la passione per macchine e motori ai maschi, per i quali rappresentano dei fini, oltre che dei mezzi. Se si facesse un sondaggio risulterebbe certo inferiore rispetto ai maschi il numero delle donne che, dopo una giornata passata a digitare, la sera si rilassano con quei giochi elettronici che possono essere perfino meno attraenti del mettersi a stirare.
Ma nuove tecnologie significano anche collegamenti in rete. E qui, a mio avviso, non mancano insidie, quelle che catturano non solo l’attenzione professionale, ma la relazione con gruppi di affinitè, con progetti e con aperture su saperi che difficilmente comprendono visioni “di genere”, perchè “il genere” sta dentro i contenitori specializzati e ci si va solo se si ha giè l’interesse. E’ evidente che l’esperienza è analoga a quella delle normali biblioteche o alla storia delle scienze e delle culture, anche se il dominio del web possiede estensione illimitata di materie, indici e offerte cognitive. Le ricerche intrecciano per ora percorsi complessi, che continuano a mantenere la separatezza della cultura non-neutra per eccellenza che è quella delle donne. Non è difficile, dunque, per chi studia e chi lavora cercare un rapporto di pura competenza tecnica, lasciando l’approccio specifico femminil-femminista come optional di ghetto.
I modelli politici, tutti affidati all’ambiguo concetto di “pari opportunitè”, non aiutano a capire, anche se dovrebbe risultare evidente che le donne che praticano la politica per passione o per mestiere diventano pari solo nell’assenso alle ipotesi di lavoro dei partiti, che – prima ancora e pour cause dei Parlamenti – sono inguaribilmente monosessuati. Allora la donna-cyborg puè essere una metafora attuale o un’ipotesi avveniristica come la gravidanza extracorporea; ma il problema intermedio resta. Nella prospettiva a breve termine, voi pensate che le nuove tecnologie rappresentino un’opportunitè per dare piè forza nel mondo al modello femminile oppure un’altra figura di quella “paritè” che si riconosce nel modello unico (maschile)?