Lo spettro, il fantasma delle donne di oggi. Lezione di Marzia Vaccari – Corso “Media e genere” 2017 Scuola di Scienze politiche Università di Bologna.

Il mercato editoriale ha scoperto da tempo l’enorme potenziale di acquisto femminile. Le donne leggono più degli uomini, leggiamo, noi donne, più volentieri testi scritti da donne, ma non è cambiato l’uso e il costume dell’ordine simbolico patriarcale e sessista, non è cambiata la cultura in cui siamo immersi nella nostra attualità. In una società permeata dall’ high tech, la condizione di vita lavorativa della donna che forse è improprio definire nuova perché è vecchia come il mondo, è ancora a forte dominazione maschile. Lo spettro del lavoro femminile sta nel margine, sta nel limite fra valore d’uso e valore di scambio, l’uno non è monetizzabile (remunerato) l’altro è monetizzabile. Il lavoro femminile rientra nella prima categoria e il lavoro maschile rientra nella seconda ed è degno di un salario, è degno di un compenso e degno di una cittadinanza. Il conflitto fra il lavoro femminile, tipicamente femminile, caratterizzante la condizione della donna lavoratrice si contrappone alla posizione dominante ed egemonica della condizione maschile. Non mi soffermo sulle problematiche che emergono dai dati statistici sul precariato, sull’occupazione o sul fenomeno del tetto di cristallo, rimando all’ottimo libro di Marta Fana e alla densa recensione di Cristina Morini su Doppio Zero.

Vediamo questo processo attraverso la narrazione che ne viene fatta in due testi. Uno è un’autobiografia – “Dentro Facebook: Quello che non vi hanno mai raccontato” Libro di Katherine Losse pubblicato nel 2012– l’altra è un romanzo – The Circle, libro di Dave Eggers pubblicato nel 2013 di cui l’autobiografia di Katherine Losse ne è stata l’ispirazione. Nel 2017 ne è stata fatta anche la versione cinematografica: il film Il cerchio, di J.Ponsoldt, interpretato da Tom Hanks, Emma Watson. Lei è stata una delle prime impiegate di Facebook, una delle pochissime donne prima dell’espansione massiccia della compagnia e soprattutto dell’arrivo di Sheryl Sandberg, già top manager di Google e più tardi anche iniziatrice del movimento femminista liberal che invita le donne a ‘spingere’ … “a farsi avanti, a non tirarsi indietro, a farsi imprenditrici e scalare i vertici del potere”.

Riguardano entrambi la biografia di una donna, ci mostra come, il femminismo delle pari opportunità, non è stato sufficiente a creare le condizioni per risolvere il conflitto della posizione femminile e maschile, anche all’interno di un’azienda all’avanguardia come poteva essere nel 2008 Facebook. Losse si ritrova con una laurea in Women’s studies, conduce la sua esistenza in California nella Silicon Valley, patria di avanguardie culturali considerate modelli di riferimento per lo sviluppo culturale di tutto l’Occidente. Katherine Losse, fortemente indebitata perché la propria famiglia non ha potuto pagare la retta al college, con l’aiuto di Sheryl Sandberg, è assunta da Zuckerberg e l’azienda le paga tutti i debiti.

Guardiamo questa figura attraverso il personaggio della finzione Mae Holland, protagonista del romanzo Il cerchio. Le storie sono identiche, nella finzione letteraria Mae sostituisce Katherine e Facebook è sostituito da un’azienda che si chiama il Cerchio. Il medesimo sogno accumuna le protagoniste: iniziare la scalata sociale attraverso le opportunità economiche dell’azienda. Entrano nell’azienda e ne assumono il nuovo stile lavorativo, inaugurato qualche anno prima da Google. Spazi lavorativi di tipo open space, dove non c’è separazione fra il tempo lavorativo e il tempo del divertimento, palestra, saune, spazi di gioco condiviso, sono concentrati nel medesimo spazio del lavoro. Torniamo a Katherine, dopo qualche tempo, si accorge che le sue competenze – accoglienza, attenzione alla relazione, estrema cura nella comunicazione – sono di serie B. E’ la figura professionale del programmatore del software che ha le chiavi per fare carriera. L’autobiografia denuncia esplicitamente la filosofia dell’azienda e di come Zuckerberg, all’inizio, si era circondato di ragazzi, di ingegneri a lui affini, così anche Facebook ha la tendenza all’omofilia cioè ricercare esclusivamente la relazione con i propri simili. E per KL ci siamo dimenticat* che Facebook nasce dall’esigenza del suo fondatore di mettere alla berlina la ragazza che lo aveva rifiutato. E continua la sua denuncia dicendo che, nonostante appartenessero ad una divisione importante come quella del rapporto con la clientela, si accorge che la piattaforma (fin da subito e così è rimasta) è fatta per le donne che civilizzano la volgarità, la supremazia, la tensione alla competizione e all’essere cacciatori degli uomini.

“È stato sconvolgente accorgermi, io e i miei compagni che provenivamo dalla middle class americana, che ci eravamo ritrovati ad assumere uno stile aziendale dove le donne erano di serie B ed erano sempre gregarie, erano le veline, le commesse di questi ingegneri maschi.” E la vita all’interno di questi open space nel giro di poco tempo cambia, inizialmente, tutto era trasparente tutto era mostrato, dove tutto si condivideva. Poi a chi programmava il software vengono riservati spazi nascosti. Avviene anche una modificazione razziale lei dice “sempre più volti bruni” e sono i famosi ingegneri provenienti dall’India. Nella realtà lavorativa, il sogno di un riscatto si è rivelato una nuova forma di subalternità. Quando riesce a uscire, il cerchio la emargina, la caccia con l’accusa “come hai osato andartene quando l’azienda ti ha dato tutto e avevi il privilegio di far parte del cerchio magico del gruppo”.

La manifestazione della nuova condizione delle donne di oggi, in questi ambienti lavorativi delle ICT, emerge anche nella vicenda della protagonista dell’altro libro rivelando anche un inquietante retroscena. Il Cerchio, dove Mae Holland lavora, è una mega-corporazione che ha dato a tutti un’unica identità in rete corrispondente a una persona reale e verificabile, ha assorbito Google, Apple, Facebook e Twitter. L’ambiente lavorativo della finzione letteraria è quella della realtà. Il rapporto con i clienti, il salario part time e precario e la promessa di fare carriera sono i punti con comune con KL. Fra l’altro, lo scrittore, ha in corso una causa legale di plagio, per KL oltre all’inganno anche la beffa.

Medesima tipologia di colleghi, ingegneri, maschi e socialmente simili, che dominano la cultura dell’azienda. Sono dei ragazzi della classe medio-alta questi ingegneri di Facebook, assunti da Zuckerberg sulla base di una omofilia evidente, una affinità sociale che è il lato oscuro della meritocrazia à la Silicon Valley. E nonostante le donne siano più brave! lo afferma lo studio coordinato dal California Institute of Technology, secondo cui le programmatrici risultano più brave dei colleghi maschi, ma solo se la loro identità è nascosta[1]. Solo nel mondo patinato delle serie tv possono essere le esperte indiscusse in ambito informatico vedi Penelope Garcia in Criminal Minds, Abby in NCIS.

Torniamo al capitalismo delle piattaforme ben descritto nei due testi, dove è lo sguardo maschile sulle donne che definisce lo spettro, il fantasma della donna di oggi. Facebook ‘guarda’ sempre con particolare attenzione i volti e i corpi delle donne. In base al grafo delle statistiche le tendenze sono chiare: uomini e donne (obbligatoriamente identificati dal profilo) guardano i volti e i corpi delle altre donne. Nelle bacheche, nei profili, nelle chat succede proprio questo. In molti si chiedono dove sarebbe Facebook senza le donne?. L’architettura di Facebook, il suo permettere la costituzione di reti chiuse e selettive ha attirato le donne che hanno sentito di poter avere più controllo sulla propria presenza online, di sentirsi protette. Le donne su Facebook sono sempre codificate per essere guardate, nella gratificazione illusoria di aver cercato quello ‘sguardo‘. L’effetto è quello della pornografizzazione delle esistenze. Per pornografizzazione della cultura si intende quel fenomeno per il quale elementi e tratti della pornografia – mettere in mostra il corpo nelle sue manifestazioni sessuali – penetrano all’interno della cultura ufficiale o della cultura di massa tramite l’influsso dei media e si trasformano i segni usati comunemente da tutti più o meno consapevolmente.

Qualche tempo fa un convegno, della Società italiana delle letterate, aveva per titolo “L’invenzione delle personagge” e sottolineava l’importanza delle protagoniste femminili nella letteratura. Giocava con il termine personaggio, declinandolo al femminile, personagge che stanno facendo cultura, una cultura radicale che porta alle estreme conseguenze anche i femminismi. Pensiamo alla trilogia “Uomini che odiano le donne”, da cui è stato tratto anche una versione cinematografica, la protagonista Lisbet mette a frutto le sue competenze informatiche, opera nel retroscena degli accadimenti del romanzo, ribaltando a proprio favore gli esiti criminali del padre colluso con il corrotto potere politico svedese. Ne “Il cerchio”, la personaggia Mae non oppone resistenza e assume radicalmente l’habitus mentale necessario a stare dentro il cerchio. Mae pur di affrancarsi dai debiti, pur di riscattare la propria condizione di vita precaria recita, fino in fondo, il ruolo assegnatole. Per diventare, come il fondatore dell’azienda vorrebbe fossero le donne, accetta di montare una videocamera in un medaglione ed espone la propria vita privata. Siamo in un regime di totale trasparenza – pornografizzazione – tutto è visibile perché questo è considerato un valore utile hai fini della diffusione della piattaforma social dell’azienda. Per fare carriera, per essere inclusa nel cerchio ristretto della relazione con il fondatore, accetta di video-riprendere, all’insaputa dei propri genitori, la vita privata della casa familiare ed anche la vita privata del proprio compagno fino a riprenderlo durante il suicidio.

Entrambe le protagoniste sono mosse da una profondissima esigenza di riscattare la propria condizione femminile ed entrambe cadono dentro ad una subalternità di nuovo stampo, di deriva nelle nuove forme assunte dal capitalismo delle piattaforme. Lo spettro della donna libera ed emancipata si aggira nelle pieghe del lavoro, precario, malpagato. Siamo nel regime della biopolitica, c’è ancora tanta strada da fare.
[1] http://www.repubblica.it/tecnologia/2016/02/15/news/donne_programmazione-133485326/?ref=search