Scritto da M. Pia Brancadori lunedì 02 ottobre 2006 pubblicato in www.tecnedonne.it di webarchive

Il pensiero dell’esperienza: XII Simposio dell’Associazione Internazionale delle Filosofe

“I nostri tempi hanno un grande bisogno di parole incarnate, trasformative, che sappiano restituire senso alle cose che viviamo e che sappiano disfare quegli ordini ingiusti, ordini del discorso e delle relazioni, per aprire a nuove forme di convivenza”.

Da questa posizionalità programmatica ha preso corpo il XII Simposio dell’Associazione Internazionale delle Filosofe (IAPH) “Il Pensiero dell’esperienza” che si è svolto a Roma dal 31 agosto al 3 settembre, presso l’universita’ di Roma Tre. I lavori delle quattro giornate sono stati coordinati da un efficiente team di ragazze con la vigile attenzione e cura di Federica Giardini (Filosofia politica presso l’Università di Roma3).

Incontro di filosofe e donne varie di pensiero chiamate a interrogarsi sui possibili modi del vivere e del pensare creativamente al centro del presente, nei diversi ambiti: storia/ografia, teologia, psicoanalisi, scienze e tecnologia, arte, sfera pubblica e governo, lavoro, scuola, vita quotidiana.

“Le responsabili di questo incontro tra le donne e la filosofia hanno voluto sottolineare, con la dichiarazione d’intenti e il programma, che la filosofia non ha l’appannaggio del pensiero. E’ incontestabile. Il pensiero e’ all’opera ovunque – o perlomeno dovrebbe esserlo. La filosofia e’ forse semplicemente (come “la chiesa al centro del villaggio”) il richiamo all’importanza del pensiero in tutta l’esistenza e piu’ in particolare nel mondo minacciato dalle selvaggerie della strumentalizzazione, avente per unico criterio l’efficacia. Pensare da sè e dialogare con gli altri è un principio di salvaguardia dell’umanità”.
Francois CollinCosì ha iniziato la sua ricca comunicazione Francois Collin (filosofa francese, fondatrice dei Cahiers du Grif) nella sessione di apertura “Esperienza” condivisa con Angela Ales Bello (fenomenologa) e Luisa Muraro (maestra della differenza italiana) seguite per la sezione “Storia e memoria” da Maria Milagros Rivera (storica spagnola, fondatrice di Duoda), Michela Pereira (storica della filosofia medioevale) ed Elena Laurenzi (studiosa di Maria Zambrano), accolte da Francesca Brezzi e Giacomo Marramao per conto dell’Università di Roma3, nella sala della Protomoteca del Campidoglio.
“Il solo fatto che ci riuniamo qui sotto l’egida dell’Universita’ di Roma3 e nella forma di un simposio che fa riferimento alle donne e alla filosofia – e non, ad esempio, nella strada attraverso il grido o dipingendo graffiti – mette in evidenza il carattere paradossale del nostro procedimento: questo dentro/fuori che lo caratterizza in permanenza e che ognuna, o ogni collettività locale o nazionale, cerca di sostenere con maggiore o minore riuscita. Dentro/fuori le istituzioni, dentro/fuori la tradizione dei saperi costituiti e delle narrazioni, che ci richiedono una sorta di arte acrobatica del pensiero e dell’essere per accedere a un di piu’ di verita’. Il pensiero dell’esperienza e’ infatti sempre un superamento dell’esperienza che le dà forma a partire da categorie che le sono esterne e che sono riprese dalla tradizione della lingua e della cultura, compresa quella filosofica. Non e’ dunque credendo di sfuggirle o occultandola, bensi’ affrontandola e riassumendola dall’interno in modo critico, che possiamo rinnovare il sapere”. Francois Collin. Pensiero dell’esperienza, esperienza del pensiero

Luisa MuraroIl pensiero dell’esperienza – sottolinea Luisa Muraro – nel suo inserirsi tra il già interpretato e il non ancora interpretato è chiamato a stare in questo luogo di mezzo, in un rilancio del qui e ora, che è domanda di senso, fra la critica dei significati in cui l’esperienza è ingabbiata e la sua risignificazione. Non piu’ neutro bensì sessuato: “donna è il nome che io do alla mia umanità e non intendo rinunciarvi” sottolinea in divergenza filosofico/politica dai p.d.v. decostruttivisti e poststrutturalisti del dissolvimento e del frammentazione. Nel farlo richiama come irrinunciabile – ed è una posizione politica prima ancora che filosofica, ci tiene a precisare – l’esperienza come ciò che ci sostiene nel poter dire qualcosa di vero. Porta a sostegno di questo suo pensiero anche quanto ha riscontrato nel lavoro della teorica e storica Joan Scott nel suo The evidence of esperience che, ricorda Muraro, pur nel suo percorso di decostruzione, tiene l’esperienza come punto di fondo necessario a permetterci di dire, non già come macchine simboliche già predisposte ma come “viventi, senzienti, parlanti”.

I lavori sono proseguiti presso il rettorato di Roma3 con la sessione sul “Divino” con Letizia Tomassone e Erminia Macola, commentate da Rosetta Stella e nel pomeriggio lo sviluppo delle questioni messe a tema la mattina nei workschop. La sera, alla Casa internazionale delle donne, un denso incontro sull’arte animato da Donatella Franchi con Barbara Verzini, Maria Inversi, Elisabetta Baudino, Elin Svenneby, Elisabeth Scafer, Marije Altorf, Arnisa Zequo.

Aminata TraorèLa sezione “Governo, regole e relazioni” è stata aperta dall’intervento della maliana Aminata Traorè (già dissidente ministra della cultura del suo paese come magistralmente da lei raccontato nel testo di qualche anno fa L’Immaginario violato). Forte e chiara, ha portato il racconto dell’esperienza della globalizzazione vista dall’Africa dove, ha sottolineato, il nome di Lampedusa evoca esperienze che eccedono le compatibilità e i discorsi che si possono fare da qui, ed ha chiuso consegnandoci un dialogo tra la madre nel villaggio (che aveva già mostrato nella sua esposizione ai flussi distruttivi delle economie neo-imperialiste e falso-sviluppiste del mercato) e il figlio che va a partire “madre se continuo su questa strada muoio, figlio se torni qui muoio io”.
Nella stessa sessione la georgiana Londa Esadze si è intrattenuta sulle ricorrenze e i dati della corruzione politica che ha coniugato anche in relazione al genere. Tamar Pitch e Ida Dominijanni hanno discusso intorno al rapporto fra uso del diritto e dei diritti e la pratica politica della relazione come politica trasformativa dell’ordine simbolico e sociale; da non confondere quest’ultima, sottolinea, con gli equivoci e le retoriche della “relazionalità”, da tenere invece come pratica politica “pattuita” della relazione, con le sue fatiche e i suoi portati di conflitto.
I traumi complessi della globalizzazione, gli esiti del patriarcato, con i loro portati drammatici di distruzione, violenza e guerra, chiamano le donne a mettere in campo ciò che la loro esperienza di soggettività politica ha saputo elaborare di meglio, per quanto necessario al presente, come passaggio di senso e di vita nel mondo che ci troviamo a condividere.
In questa direzione Lia Cigarini, nella sua lettura critica delle questioni attuali relative al lavoro, ha sottolineato l’importanza della pratica politica del narrare come forma simbolica per ripensare il senso del lavoro e che potrebbe essere atta a rompere il paradigma della cultura lavorista maschile. Il lavoro con impronta di donne potrebbe essere occasione di ripensare il senso del lavoro per donne e uomini, sottolinea Cigarini. “Portare al mercato tutto” cioè mettere al centro la differenza sessuale del lavoro può diventare una leva sovversiva. Se raccontata. Se eleborata. Se portata al centro.
Nel pomeriggio i 3 workshops tematici e un vivo laboratorio coordinato da Simonetta De Fazi e Tonia De Vita sulle questioni del lavoro, delle regole e/o misure, di quale possibile libertà.

Barbara DudenNella sessione “Scienze e tecnologie” Barbara Duden, storica della percezione sensoriale, ha presentato i suoi pulsanti studi a cui hanno fatto seguito i commenti di Gabriella Bonacchi, Elena Gagliasso e Caterina Botti.
La de/personalizzazione, la de/somatizzazione, la schizo-aisthesis tipiche della nostra epoca e la funzione mitopoietica dei sistemi tecno-medico-logici, sono stati il centro della sua comunicazione nel sottolineare come il sapere sperimentato di persona è sopraffatto dal regime tecnocratico-scientifico del rischio, diffuso in forma categoriale, apodittica, numerico-statistica: “L’attenzione per lo stato diagnosticato, dunque imputato all’organismo, la riduzione della carne a sistema genetico, la sempre più intensa gestione dei rischi biologica, la prevenzione in nome della “salute” hanno paralizzato il senso, i sensi, per l’hexis, lo stato del soma e atrofizzato il sapere sperimentato di persona. Il “gene” nel linguaggio quotidiano mi è servito da istanza per mostrare in quale modo la donna dovrebbe diventare la personificazione dei modelli di pensiero e di comportamento della scienza amministrativa, del management” .
I geni in testa, il feto nel grembo è il suo recente lavoro tradotto in italiano per Boringhieri. Segnalo anche la ricca e interessante l’intervista di Stefania Giorni sul Manifesto del 5 settembre.

Altri punti caldi particolarmente giocati sulle narrative ed i corpi sono stati segnalati da Manuela Fraire nella sua comunicazione “Sessualità, psicoanalisi, femminismo” in cui nel riportare le modificazioni avvenute nel campo della psicoanali degli ultimi 35 anni, ha sottolineato come la “maternalizzazione” dilagante non è affatto da intendere come “femminilizzazione” della cultura, anzi.

Ina PretoriusPerché “pensare il quotidiano” da donne pensanti? E’ la chiara e pregnante domanda posta al centro delle riflessioni proposte dalla svizzera Ina Pretorius nel suo Ripensare il mondo a partire dal quotidiano riprese da Chiara Zamboni e Wanda Tommasi nella sezione dedicata appunto alla “Vita quotidiana”. Tessiture di significato e fili preziosi proprio anche se messi in colloquio con le questioni portate il giorno dopo da Anna Maria Piussi e Vita Cosentino per la sessione “Educazione” con cui il Simposio si è chiuso.

Intanto la sera del sabato alla Casa Internazionale delle donne un incontro serale/notturno per “Genealogie al presente” dalla parte del lato “lato B del vinile” secondo l’analogia, rilanciata anche dalle altre, che Federica Giardini ha usato nell’aprire l’incontro tra “quelle venute dopo” come si dicono loro: Matri_x, Sexyshock, Sconvegno, A/matrix, il laboratorio Sguardi sulle differenze, le webmater del sito della Libreria delle donne, la rete Sui Generis e Studio Guglielma: focus posto sulle possibilità di azione comune per portare le strategie di resistenza individuali o di gruppo ad azione politica, a partire dai disagi materiali ed esistenziali delle precarietà e dalle diversità dei posizionamenti.