Nel podcasting italiano emerge la misoginia della manosphere.
Una ricerca sulla presenza dei movimenti maschilisti sulle piattaforme di condivisione di programmi audio di Fabio Celot.
Di tanto in tanto torna d’attualità il fenomeno Incel, una comunità antifemminista e altamente misogina composta da uomini che accusano le donne di non volerli perché non attraenti. Se gli Incel sono un fenomeno già di per sé preoccupante, lo è ancora di più la rete che li ingloba.
La “manosphere”, anche chiamata “uomosfera” in italiano, è una galassia di credenze che trova uno spazio di espressione su internet, luogo sicuro per rafforzarsi e consolidare anche vaste comunità. La critica al femminismo e la rivendicazione di una maschilità che avrebbe bisogno di essere riaffermata sono i due fuochi di un’elisse composta da movimenti anche molto diversi tra loro.
Oltre agli Incel, alcuni esempi sono i Men’s Rights Activists (MRA); i Men Going Their Own Way (MGTOW), un movimento di uomini che si ritengono talmente superiori alle donne da ipotizzare una vita escludendole totalmente dalle proprie relazioni; o ancora i Pick Up Artists (PUA), “artisti del rimorchio” in italiano, che si scambiano tecniche di approccio – per soli uomini cisgender.
Un tutt’altro fenomeno, che a prima vista non ha niente da spartire con quello appena descritto, è la recente crescita dell’industria dei podcast in Italia. Tra il 2020 e il 2021 i podcast usciti in Italia sono incrementati dell’89%, e il balzo è di addirittura 126% nella categoria notizie[1]. Logicamente, anche i consumi stanno crescendo: l’anno scorso, secondo una ricerca IPSOS[2], più di nove milioni di italiani dichiaravano di aver ascoltato un podcast negli ultimi mesi, dato in aumento rispetto agli anni precedenti.
Mi sono interrogato sul loro punto di incontro partendo da questi due presupposti: l’esistenza della manosphere e la crescita del medium podcast. I movimenti espressione della mascolinità tossica sono stati in grado di fare il passo verso un mezzo di comunicazione più verticale come quello del podcast? Se sì, per quali motivi? E con quali interessi?
Per poterne trarre delle conclusioni, ho raggruppato i podcast in alcune categorie. La prima riguarda i programmi audio che impiegano spesso le espressioni della manosphere, ma che lo fanno a fini divulgativi, per spiegare il fenomeno e parlarne con i loro pubblici. Se questi podcast sembrano a prima vista innocui, bisogna tenere a mente che si tratta pur sempre di attività informative portate avanti da attori non esperti, che comunque comunicano la loro visione del fenomeno dalla loro prospettiva, solitamente maschile.
La seconda categoria è quella che ha prodotto più risultati in termini numerici. Si tratta di podcast legati al movimento dei “Pick Up Artists”, le cui puntate sono solitamente brevi e racchiudono consigli per approcciare le donne, oggettificate a livelli estremi. Alcuni esempi di titoli, già di loro molto esplicativi, sono “Seduzione e miglioramento” (1215 puntate a giugno 2022) o “Nella teste delle donne” (576 puntate).
Si sono rivelati interessanti anche molti altri podcast che ho raggruppato in due tipologie. La prima riguarda programmi che adottano un format di “chiacchierata tra amici”, in cui le voci sono spesso molto giovani, e che toccano più o meno frequentemente argomenti vicini alla manosphere. Ci sono poi i podcast che parlano di un argomento specifico, non direttamente collegato al maschilismo tossico, ma che ne prendono saltuariamente in prestito alcuni concetti o interpretazioni.
L’ultimo insieme di podcast è invece composto da programmi in cui una voce singola racconta la propria visione del mondo, in alcuni casi riprendendo fatti di attualità. È la categoria più eterogenea, i cui podcast rimangono comunque accomunati da un certo grado di maschilismo, a volte mescolato con interpretazioni complottiste di vario tipo. Alcuni si rifanno a un movimento specifico tra quelli della manosphere, come il podcast “MGTOW Italia”.
Ammettendo come limite il fatto che i podcast sono stati analizzati in base ai loro titoli, alle loro descrizioni e all’ascolto di alcuni stralci casuali, si possono comunque estrarre da questo lavoro almeno tre conclusioni interessanti. La prima riguarda gli impressionanti numeri dei podcast “PUA”, un universo che meriterebbe di essere studiato – e criticato – come singolo oggetto si studio. Probabilmente, questi numeri sono dovuti al fatto che questi programmi sono prodotti da soggetti che vendono corsi di seduzione, e che hanno quindi la necessità di fare una vera e propria operazione di marketing per trarne dei guadagni. La seconda conclusione riguarda il parallelo tra il maschilismo e alcuni complottismi: alcuni podcast, come “Formazione & Informazione”, mischiano le idee della manosphere con, ad esempio, disinformazione sui vaccini anti-covid.
Infine, come terza conclusione, è di particolare interesse e ci permette anche di rispondere a una parte delle domande poste in principio, il fatto che alcuni termini, alcune concezioni, alcune credenze si siano insinuate nel linguaggio di persone che non frequentano la manosphere in maniera diretta, o almeno che non rivendicano l’appartenenza a nessuna delle sue correnti. È il caso, per esempio, di “Mitch Ferniani podcast”, dove solitamente si parla di bodybuilding. In una puntata, un invitato inserisce nel discorso alcuni elementi provenienti dalla sfera Incel. Si tratta in altre parole di un maschilismo che si trasmette in maniera molto più velata e meno apparente, ma che rimane ugualmente pericoloso per i suoi contenuti.
D’altra parte, se è vero che non tutte le correnti della manosphere hanno iniziato a usare il medium del podcast in maniera continuata, i “PUA” e in minor misura i “MGTOW” sì.
Fabio Celot
[1] https://www.ft.com/content/4154aa90-f1ea-43d7-a09b-f1808b383d32
[2] https://www.ipsos.com/it-it/podcast-prova-maturita-ipsos-digital-audio-survey-2021