La redazione riceve e volentieri pubblica.

La sindacalista, in colloquio con il papa Francesco, ha scelto il tema del lavoro usato come «ricatto». Ha raccontato un episodio che ha detto essergli stato raccontato da una ragazza a cui era stato proposto un lavoro da 10-11 ore al giorno per 800 euro al mese: «800 soltanto? 11 ore?. E lo speculatore, non l’imprenditore, le ha detto: Signorina, guardi dietro di lei la coda: se non le piace, se ne vada»(1).

Di questi racconti ormai sono piene le cronache e non ci stupiamo più. Forse potrebbe stupirci il racconto di una esodata che lottava da quasi dieci anni per pagare i necessari contributi all’ente che avrebbe dovuto, al raggiungimento dell’età pensionabile, erogarle la pensione meritata. Le è stato proposto 200 euro al mese per essere disponibile 24 ore su 24 in una girandola di lavori, lavoretti non programmati e in base all’esigenza del momento, presso un luogo sorto all’insegna del miglioramento della condizione della donna e in nome di un’ambigua amicizia.

Il lavoro da’ dignita’ se la retribuzione e’ giusta e pattuita nel rispetto di  diritti e doveri da entrambi le parti. Quando il rapporto di lavoro non ha regole codificate, la datrice/il datore di lavoro è libero di creare sue regole nella retribuzione, nei tempi, nelle modalità d’impiego spacciandoli per “favori in amicizia”, generando così meccanismi di dipendenza per la mancata certezza del pur minimo reddito.
La remunerazione irrisoria di “200 euro” serve in ogni caso e non si può fare a meno dell’elemosina che ” l’amica”  ha fatto, così il racconto termina: “Cosa fai ? accetti e sopravvivi maciullata da questo meccanismo, mortificata come lavoratrice, donna, persona e devastata nell’anima? Quanta amarezza, nel ricordare che un tempo si praticava e si urlava in piazza “dalle donne la forza delle donne” e invece, in questi anni, si sfruttano e ricattano le donne proprio in un’associazione di donne, il cui scopo e’ quello di rendere le donne consapevoli e felici perche’ vivono e lavorano in un’osi di benessere a contatto con la natura e libere dalla schiavitu’ dei meccanismi perversi che lo Stato mette a disposizione delle/dei sue/suoi cittadine/cittadini. “

1- “Licenziare, ricattare e delocalizzare è indegno e incostituzionale”