Navigare sulle autostrade, DWF 1995, n. 28, pp. 13-21

Il numero di DWF si chiamava GEOGRAFIA DEI SEGNI, e l’editoriale diceva “L’immaginario geografico è cambiato, in modo sia storico che simbolico. Molte di noi sono “soggetti nomadi”; nel posizionarci individuiamo in campi diversi i segni della nostra espressione, li leggiamo e interpretiamo, li facciamo circolare, come testimoniano gli articoli di questo numero.” L’uscita del numero avviene dopo la Conferenza sulle donne di Pechino e per comprendere gli anni in cui si muoveva la riflessione proposta da Marzia Vaccari riguardo le donne e le Reti telematiche, così si chiamavano le reti che si andavano costruendo su Internet, suggeriamo uno sguardo all’archivio della rivista.

Copertina di DWF 1995Perchè navigare sulle autostrade telematiche.

Non siamo più nella situazione di Virginia Woolf, fermata sulla soglia della famosa biblioteca del famoso college per la “deplorevole circostanza” che le signore potevano entrare soltanto se accompagnate. Capitolo primo di Una stanza tutta per sè. Ma potremmo essere ancora nella situazione descritta nel secondo capitolo, quando Virginia si rivolge alla biblioteca del British Museum – “Se la verità non si trova negli scaffali del British Museum, dove, mi domandavo mentre prendevo un quaderno e una matita, si trova la verità?” – e una massa sconcertante di opere, scritte da uomini sulle donne, la sommerge e la confornde. Ma le offre anche il pretesto per la riflessione più divertente e più seria che ancor oggi si possa leggere sugli ostacoli che una donna incontra nella sua voglia di apprezzare “il sapere, l’avventura, l’arte”. Oggi infatti la tecnologia informatica ci offre teoricamente tutte le possibilità di accesso, ma richiede un lavoro di appropriazione per evitare, come dirò più avanti, la trappola del silenzio.
Prima di spiegare perchè questa appropriazione[1], da parte di noi donne, divenga fatto così importante, e quali siano le problematiche connesse al processo di appropriazione e produzione di queste nuove tecnologie, ritengo necessario chiarire innanzitutto che, per me, il termine informatica non indica propriamente una “scienza”, ma l’applicazione di alcune scoperte della matematica combinate con altre della fisica e della chimica.
L’informatica è, quindi, essenzialmente una tecnologia, ossia, come dice Bachelard, una delle forme di espansione della facoltà umana.
In questa prospettiva, le reti di relazione fra donne da un lato, e la costruzione di reti telematiche dedicate, dall’altro, fanno sì che l’impiego dell’informatica possa divenire strumento tutto femminile di espansione delle proprie facoltà.
Un esempio di espansione delle nostre capacità di espressione e comunicazione sono la costruzione e l’uso di archivi elettronici sulle donne e la realizzazione di reti informatiche di gender. Molte donne che operano nel settore dell’informazione, sia in Europa che in America, si propongono di realizzare nel breve periodo questi obbiettivi nel campo delle tecnologie della comunicazione.
Come confermano alcuni studi americani che ho raccolto nelle mie navigazioni su Internet, là dove queste tecnologie sono state impiegate per facilitare l’accesso alle informazioni in generale, e in particolare alle informazioni prodotte dalle donne e principalmente rivolte alle donne, scompare il fenomeno di estraniazione rispetto all’oggetto tecnologico che lo stereotipo vuole eminentemente maschile.
Lo affermo questo anche sulla base della mia esperienza come formatrice: le ragazze del corso NOW, il quale si proponeva di formare esperte nel trattamento di materiale documentale dei Centri di documentazione delle donne, hanno mostrato, a fronte di un iniziale atteggiamento scettico, un crescente interesse per l’uso del computer e degli strumenti di ricerca bibliografica, man mano che si chiariva il diretto riferimento alla possibilità di impiegare l’informatica e la telematica per rendere accessibile alla donne l’enorme potenziale informativo contenuto nella più grande e dotata rete internazionale quale è Internet.
Attualmente Internet offre la più ampia gamma di servizi per la comunicazione e lo scambio e la ricerca di informazioni, articoli e testi. Attraverso Internet è possibile accedere a data bases, a gruppi di dibattito basati sull’e-mail, meglio conosciuti come mailing lists e listservs, conferenze e riviste elettroniche di gender, gestite in modo autonomo da donne. Tuttavia, come afferma la Cunningham in uno dei suoi articoli apparsi su di una rivista elettronica presente in rete “The Arachnet Electronic Journal on Virtual Culture” in merito al rapporto delle donne con l’uso della rete INTERNET, nonostante la base di utenti comprenda milioni di persone, uomini e donne non sono presenti in pari proporzioni e, aggiunge, questa spaccatura di genere ha implicazioni fortissime per le opportunità di carriera delle stesse donne. A questo vorrei aggiungere che Internet offre alle donne una importante opportunità che esse possono ben sfruttare anche per le proprie imprese culturali ed imprenditoriali.
Anche solo da questi pochi riferimenti, credo sia evidente come l’informatica in generale e le reti telematiche in particolare abbiano avviato una reale rivoluzione nei processi sia di ricerca e scambio delle informazioni, della comunicazione umana in genere, ampliando il raggio di azione, eliminando confini e riducendo notevolmente i tempi e i costi conseguenti.
Osservando in particolare lo scenario dei network di genere nei paesi anglosassoni e in Europa, assistiamo attualmente ad un primo tentativo di realizzare una rete di relazioni fra donne che sfruttino le tecnologie informatiche e telematiche.
Le tecnologie informatiche costruiscono archivi che raccolgono e schedano riferimenti bibliografici e, in particolare, forniscono monografie mirate con abstracts, spogli e cataloghi di riviste ecc., e costituiscono un tentativo di raccogliere quanto è stato prodotto dalle donne e sulle donne, in maniera sistematizzata, rendendolo accessibile con strumenti elettronici.
Con le tecnologie telematiche, che nella logica de sistemi informativi è anche il trend di sviluppo più attuale, stiamo cercando di mettere i network telematici al servizio delle relazioni umane tra donne.
Lo scenario è quello di un movimento che parte dalla fonte dell’informazione verso la destinataria/utente in una logica di scambio. Per consentirci di costruire relazioni e dialoghi cerchiamo di costruire i punti nodali di questa rete, i suoi gangli vitali, che dal punto di vista telematico sono gli snodi delle autostrade telematiche (reti telematiche ad alte velocità). La tecnologia contiene un’enorme potenzialità, ma nello stesso tempo tra questa potenzialità e le risorse reali che abbiamo a disposizione ci sono degli scarti che diventano ostacoli, di duplice natura.

Il primo ostacolo
Il primo ostacolo è di tipo simbolico e riguarda il rapporto “donne e tecnologia”.
Da un lato, si è già detto del rapporto di totale estraneità, come sostenuto da più parti, e rivelatosi più un vecchio stereotipo che un dato concreto, dimostrando invece nell’esperienza che la relazione delle donne con la tecnologia può essere di grande arricchimento per le donne stesse (empowerment). Sotto questo profilo, si tratta di adottare, nei programmi di formazione delle donne, strumenti software e metodologie di insegnamento più adatti, o meglio, che tengano conto dell’aspetto di GENDER.
Il discorso sull’ esperienza storica delle donne nei confronti della tecnologia è comunque lungo ed esula dal presente lavoro, e bisogna anche aggiungere che in Italia vi sono pochi studi femministi in merito, mentre si sente sempre più l’esigenza di una riflessione teorica a questo proposito.
L’ostacolo simbolico al quale invece qui voglio riferirmi principalmente è quello che concerne il linguaggio o i linguaggi impiegati, tanto nella progettazione che nella realizzazione di impianti informativi. La maggior parte di questi linguaggi sono pensati e filtrati, probabilmente, attraverso un’esperienza che non è quella delle donne. I linguaggi di interrogazione degli archivi non sono progettati per rintracciare le informazioni che riguardano l’altra parte del  genere umano, le informazioni che riguardano le donne.
Dietro l’apparente universalità del linguaggio usato dai programmi software si nasconde, infatti, la trappola del silenzio. Tantissimi riferimenti bibliografici vanno persi perchè negli indici per soggetti l’informazione non viene trattata dal punto di vista della soggettività femminile. Nella ricerca bibliografica riguardante per esempio l’argomento ABORTO spesso si deve ricorrere alla voce “SANITA’ “ per rintracciare testi che riguardano invece il grado di consapevolezza della donna sull’aborto.
Per non parlare dell’indiscriminato uso dell’indifferenziato statistico quando si cerca di rintracciare la presenza del femminile nei dati sull’occupazione o sul mercato delle nuove tecnologie: i dati aggregati, per intenderci le percentuali assolute, spesso non riportano il dato per sesso d’appartenenza, omettendo così informazioni fondamentali per fare analisi corrette. Da questo ordine di problemi nasce l’esigenza di un’interfaccia di genere, per far sì che l’uso di questa tecnologia rappresenti la nostra esperienza e possa essere veicolo della nostra soggettività.
Il secondo tipo di ostacoli è più legato a situazioni concrete, ovvero alla presenza di reti informatiche costruite con scarse risorse economiche, accanto a reti tecnologicamente avanzate e complesse, ma decisamente più costose, come quelle che costituiscono la struttura dei grandi sistemi informativi. Inoltre, all’interno di questi sistemi la posizione della donna assume contorni ancora più sfumati: sia come presenza in termini di unità lavorative che in termini di partecipazione ai processi decisionali. Il vissuto femminile non ha voce e quando incontriamo donne ai vertici delle carriere professionali esse realizzano il più delle volte PROGETTI di un simbolico maschile poco rispettoso della differenza sessuale.
Avere consapevolezza di tali ostacoli, delle problematiche connesse al processo di appropriazione e produzione delle nuove tecnologie della comunicazione può dare concretezza al concetto di empowerment. Secondo Haraway attraverso l’acquisizione dei saperi tecnici e di una più forte capacità progettuale da parte delle donne si potrà contrastare l’evolversi del nuovo modello di produzione fondato sul paradigma tecnologico (informatica del dominio) che comporta forme di sfruttamento dei nuovi soggetti deboli, tecnicamente meno avanzati.
Un esempio di come le nuove tecnologie della comunicazione possono portare all’arricchimento dei saperi femminili ci può venire dall’analisi dello sviluppo dei sistemi informativi in relazione alla produzione di informazioni delle donne.

Dai centri di calcolo all’architettura client/server: le reti telematiche delle donne
Attualmente in Europa e negli Stati Uniti possiamo trovare cataloghi on-line, accessibili attraverso rete telematica, soprattutto come risultato della cooperazione dei maggiori Centri di Documentazione delle donne e dei Women’s Studies con i vari centri nazionali e  internazionali preposti alla creazione dei più diffusi sistemi di catalogazione, i cui livelli di organizzazione sono regionali ed anche nazionali.
Lo scenario descritto riflette una fase storica, ed è una fase rintracciabile anche nella storia dell’evoluzione dell’automazione delle biblioteche. Una fase degli anni ‘70/80 che rispecchia anche lo stato della tecnologia informatica/telematica di quegli anni. A parte l’archivio su PC, che non circolava nei network telematici di allora ed era limitato anche nel suo contenuto, l’archivio si costruiva in un main frame[5] con  memorie di massa molto capienti (le memorie di massa a quei tempi costavano tantissimo), e per esigenze di sinergie economiche si stabiliva che in quel punto si costruiva tutta la struttura di immissione dati e di information retrieval, procedure per il recupero delle informazioni, dell’archivio elettronico. Gli altri luoghi si collegavano con reti molto costose, definite punto a punto. E’ per questo che i vendors commerciali (le aziende di sviluppo del software private con i loro sistemi catalografici), negli Stati Uniti, e i sistemi catalografici nazionali, in Europa, hanno determinato anche la costruzione e la circolazione dei cataloghi elettronici delle donne di quegli anni come anche l’interfaccia di interrogazione.
Oggi che le tecnologie hanno prodotto memorie di massa sempre meno costose, le reti telematiche da punto a punto sono diventare reticolari e ad alta velocità e le tecnologie producono programmi che tengono sempre più conto del punto di vista dell’utilizzatore finale e dal suo punto di vista (linguaggio naturale).
Ora da un punto di vista geografico abbiamo “n” punti sulla rete che potrebbero ospitare ‘l’archivio elettronico’. Per soddisfare le esigenze di organizzazione del lavoro e di razionalizzazione delle procedure automatizzate non si è più’ dipendenti dalla logica del ‘centro meccanografico’ e dalle sue problematiche di centralizzazione .
Anche lo scenario degli strumenti a disposizione delle donne per il reperimento e per la costruzione delle informazioni è completamente cambiato. Rispetto agli archivi abbiamo a disposizione: data base a testo pieno (utilissimi per gestire tutta la letteratura grigia oltre all’accesso diretto agli articoli delle riviste), archivi di file[6] – data-file distribution – , giornali elettronici – electronic journals – (oggi si parla del fenomeno dell’editoria elettronica con i suoi documenti ipertestuali e multimediali[7]). Rispetto alla comunicazione elettronica, è ora possibile, con reti telematiche sempre più capillari e a basso costo, avere a disposizione: posta elettronica, gruppi di discussione, conferenze elettroniche. A mio parere, chi si avvicina al mondo dell’informazione e vuole utilizzare questi nuovi strumenti deve servirsi dell’approccio del sistema informativo, che tratta l’informazione come un servizio non come un oggetto da distribuire. Il poter utilizzare le tecnologie come opportunità di crescita autonoma e non dipendente da altri soggetti è un vero processo di empowerment.
In seconda istanza porta anche ad una nuova modalità nelle comunicazioni che significa uscire dall’isolamento come soggetto. Prima di tutto quello dovuto alla distanza geografica (potrei raccontarvi la soddisfazione delle donne palestinesi del Dipartimento di W.S. dell’Università di Birzeit a Gerusalemme, quando hanno avuto la possibilità di comunicare con noi donne di Bologna dai loro studi all’Università), ma anche dall’isolamento dei nostri luoghi mentali da dove spesso non riusciamo a trasmettere messaggi perchè ci pensiamo isolate: la posta elettronica, così diversa dal telefono ma ugualmente immediata, restituisce il potere dello scambio di corrispondenza, restituisce anche il potere della parola scritta.

I network informatici e l’autonomia politica delle donne
Le trasformazioni cui ho accennato precedentemente a proposito dei Cataloghi hanno una fondamentale importanza per l’autonomia politica delle donne, avere “n” punti sulla rete che possono ospitare il catalogo ed essere fonte di diversi tipi di informazioni. Ciò significa semplificare l’impianto tecnico necessario – anche se la realizzazione pratica deve essere poi studiata caso per caso – e soprattutto significa non dover essere ospiti di enormi strutture.
Le nuove tecnologie (siamo alla seconda generazione) modificano completamente l’approccio anche politico del loro impiego. Oggi è possibile non dover dipendere da un grande centro meccanografico per creare e fare network (lavoro in rete) informatico: questo significa potersi sciogliere dala dipendenza politica dalle istituzioni, poichè solo queste allora potevano sostenere gli alti costi delle sale macchine e dell’elevato numero di tecnici/tecniche necessari alla prima generazione delle reti informatiche. Ora, è veramente possibile avere archivi in “n” punti della rete ed “n” punti della rete li possono consultare. In Italia ciò viene chiamato democrazia elettronica e, di conseguenza, viene invocato una sorta di diritto di accesso alle grandi autostrade elettroniche per tutti i cittadini. L’amministrazione comunale della città di Bologna si è fatta carico di questa esigenza e proprio in questi mesi ha costituito una convenzione con Cineca (uno dei più grandi centri telematici italiani), per permettere ai singoli cittadini di accedere alle autostrade telematiche dalle proprie abitazioni, attraverso i punti di accesso locali di questi Enti, garantendo così bassi costi (uso di telefonate urbane al posto di telefonate interurbane e internazionali).
Questa operazione decentra una risorsa tecnologica, di tipo telematico, inizialmente ad unico appannaggio del centro elettronico dell’Ente, con tutto ciò che comporta di dipendenza funzionale e politica.
Il progetto di un server per un sistema informativo sulle donne, acquista senso dal punto di vista della politica delle donne. Progetto che con l’architettura client/server degli attuali sistemi informativi supera il modello centralistico dei vecchi sistemi per realizzare le logiche distribuite dei nuovi network (i nodi sulla rete sono punti a pari livello che scambiano fra loro informazioni!).
 
E’ necessario procedere pertanto nella ricerca per la elaborazione di un linguaggio di genere, al fine di superare gli standard acquisiti, e che si stanno acquisendo, del linguaggio informatico e che, come ho detto, sono progettati e costruiti sul pensiero maschile, senza che le tante donne che lavorano in questo campo siano in grado, per il momento, di intervenire su di essi e di creare una rappresentazione simbolica dell’esperienza dell’essere donna.
A mio parere questo rende necessaria la creazione di una stretta relazione tra donne impegnate nella ricerca (Women’s Studies) nei diversi campi disciplinari e donne, come me,  impegnate nella progettazione dei sistemi informativi.
La costruzione di questa relazione rende possibile intrecciare il punto di vista della ricerca, cioè l’elaborazione di un sapere capace veramente di rappresentare la soggettività femminile, e il punto di vista della tecnologia intesa come quello strumento espansivo delle facoltà umane. Essa rende dunque possibile costruire le interfaccie di accesso alla consultazione e le applicazioni informatiche/telematiche dove l’esperienza di essere donne in luoghi e contesti differenti sia visibile.
Ciò è possibile analizzando e realizzando un processo di  formazione, che soddisfi la  necessità di impadronirsi del linguaggio informatico/telematico.
In questa prospettiva, combinare il progetto di sistema informativo, sempre in un ottica client/server[8], con corsi e contratti  di formazione rivolti alle donne credo sia veramente pensare alle reti telematiche come una via all’empowerment.
Marzia Vaccari

[1] Mi ha aiutato l’intervento di Rosi Braidotti “Differenza sessuale nella società informatizzata” nel corso di un incontro organizzato a Padova nel gennaio del 1994 dall’associazione Macramè, perchè, dopo aver mostrato i limiti della critica femminista alle tecnologie informatiche, attraverso il modelllo “Cyborg” della Haraway, invita le donne ad usarle poiché possono rivelarsi liberatorie se usate in maniera affermativa della propria soggettività.
[2] Intendo dire reti informatiche orientate alla significazione della differenza sessuale.
[3] Nome della più grande rete telematica mondiale, attualmente è in grado di mettere in comunicazione fra loro alcuni milioni di computer residenti negli angoli più disparati del globo terrestre.
[4] Acronimo di Now Opportunity Women, programma di formazione orientato alle donne finanziato, attraverso le Regioni, dal fondo sociale Europeo.
[5] Elaboratore elettronico di dimensioni fisiche molto grandi composto di parti elettro/meccaniche delicate il cui funzionamento richiedeva temperature costanti e locali costruiti opportunamente.
[6] Contenitori di programmi.
[7] Per documento ipertestuale e multimediale si intende un documento composto in modo non sequenziale che contiene al suo interno testi ed anche immagini, suoni e filmati.
[8] Interazione tra nodi di rete erogatori di servizi (server) e utilizzatori (client).